“Troverai più nei boschi che nei libri”. Questo è l’ammonimento di San Bernardo di Chiaravalle , che subito dopo aggiunge “Gli alberi ti insegneranno le cose che nessun maestro ti dirà”.
In origine vi furono eremiti e santi anacoreti sparsi nei deserti di Egitto, Palestina e Siria. Vissero in grotte, piccole capanne di steli o esposti alle intemperie per sfidare la resistenza e le tentazione “demoniache”. Anche in occidente molti fondatori di ordini religiosi si sono ispirati alla vita dei padri, e col tempo alla città, luogo del caos e del rumore urbano ed interiore, non fu più contrapposto il deserto, ma la foresta, che divenne luogo di meditazione e teatro di rivelazioni e apparizioni.
La consapevolezza di quanto sia importante il contatto con la natura per l’equilibrio psicofisico e “spirituale” dell individuo è antica quanto il mondo, ma nell’ambito scientifico contemporaneo è solo agli inizi degli anni 90′ che acquisisce un nome e una direzione ben definita.
Con il termine Ecopsicologia si è cominciato a guardare di fatto l’essere umano e il mondo naturale come interconnessi. La perdita di contatto con la terra, con la comunità di elementi armonici creati e creativi, i cicli naturali, si può tradurre in vuoto esistenziale, solitudine, incapacità di cogliere e creare senso nella vita, crisi di valori.
Invertendo il processo, creando le condizioni per una connessione profonda con tutto ciò che è Natura, fuori e dentro, si stimola la relazione con le parti meno addomesticate e più vitali di noi stessi, indispensabili per realizzare a pieno la nostra identità.
Per chi ha esperienza di passeggiate nel verde, lo sa: vi è meno spazio per cellulari, distrattori digitali e derive caratteriali. Rimane solo desiderio di un silenzio pieno, che armonizza e colma. Un po’ come quando si scopre da sé la sottile ma netta differenza tra il sentirsi spogli- di strutture caratteriali e difese emotive- o”intimamente nudi”, connessi a ciò che si è, oltre le ferite e devianze dei miti di bellezza e perfezione contemporanei.
Allora ecco che la nudità può diventare non più una scelta, ma una epifanica necessità. Un movimento interiore, per l’appunto, naturale.
Come camminare.