“La gelosia nasce sempre con l’amore,ma non sempre muore con lui” (Francois de La Rochefoucauld).
È opportuno sfatare un mito: la gelosia non è un sintomo d’amore, come ci hanno fatto credere,(della serie:se è geloso/a vuol dire che ti ama)quanto una risposta emotiva alla possibilita’ di perdita di una persona che siamo convinti ci appartenga. E sentirsi “parte di” ha più a che fare con l’idea di un progetto, valori chiari e visioni comuni, che con l’istinto di un possesso autoreferenziale. Si tratta di un fenomeno che, per quanto complesso,se impariamo a comprendere e processare può essere molto arricchente.
Per l’ individuo, con la possibilità di ampliare il proprio vocabolario emotivo e spazio di identità, e per la coppia, se ci si educa ad intenderla come un “elemento terzo” a cui poter prestare cura e attenzione, oltre due”storie ferite” a confronto.
Una cosa sembra certa: si può essere gelosi senza amare, quando la gelosia è patologica,ma non amare senza essere gelosi, perché è naturale, affermava Willy Pasini.
Spesso viene agita con un vero e proprio atto di sabotaggio, una profezia che si autoavvera: inconsciamente si agisce in modo tale, da trovare conferma a ciò che ci fa più paura.
E cosa può far più paura del sentirsi soli/e, incompresi o abbandonabili? La tendenza ad autosminuirsi è la base da cui la gelosia prende forma.
Hellinger diceva : “chi è geloso vuole inconsciamente la fine della relazione”; si finisce per proiettare sul partner la propria fantasia di tradimento o paura di abbandono anziché impiegare le proprie forze a rendersi affidabili.
Educarsi in due ad un dialogo continuo e partecipato che rende il calore tenue e duraturo della vicinanza emotiva, prevede molto più impegno che limitarsi a intendere la gelosia un segnale di “controllo” della vulnerabilità dell’altro/a e strumento per alimentare eccitazione.
La fiducia ne è misura e cura.Un processo più che una meta.
Ha più a che fare con il lasciar andare, paure abbandoniche e fantasie di fusione, a vantaggio di desideri comuni,che col raggiungere un” luogo perfetto”.
Rilke in proposito affermava:”L’amore consiste in due solitudini che si toccano, ognuno a guardia della solitudine dell’altro”.