La società della trasparenza

“L’erotismo si alimenta di nascondimento,di segreto;non predilige la nudità,bensì il velo,il nascondimento e non la trasparenza assoluta” (Byung-Chul Han)

Parafrasando ancora l’autore nel suo testo “La società della trasparenza”,la posizione erotica,che è la base del sano desiderare,del condursi con posatezza oltre ciò che non ci basta,s’istituisce là dove l’abito si socchiude, dove la pelle “luccica” fra due “bordi”, per esempio tra il guanto e la manica.

Internet oggi, al contrario, favorisce lo spazio della prossimità,ma non della vicinanza,che è altra cosa. L’esporsi tra selfie e tag diventa a tratti una gara a chi incarna il”modello di felicità” più di moda, sistituendo il desiderio, che necessita di ritiro e separatezza, con la voglia, ch’e’ passeggera, immediata e facilmente sostituibile.

L’amore appare addomesticato, trasformato in prodotto di consumo e di comfort: “Si può essere innamorati,senza innamorarsi!” sembra dire lo slogan dei siti d’incontro. Il pudore, alla pari della vergogna, viene estromesso. Tutto è standardizzato e accelerato,dal momento che la società della trasparenza non tollera lacune ne’ nell’informazione ne’ nella visione.

Uno dei tanti antitodi a questo scenario preoccupante,trovo sia elogiare la discrezione. In quanto virtù, chi la pratica conosce bene il momento nel quale bisogna parlare e quando è meglio tacere. La discrezione è ascolto naturale,di sé soprattutto,al contrario del cicaleccio che oggi ci sommerge. La discrezione è discernimento,arte di saper esercitare il dubbio e non dare mai nulla per scontato ne dovuto.

La persona discreta sa narrare, sa raccontarsi,confrontarsi, ed usare l’ironia. Scoprire la leggerezza. Sa smascherare le paure come pretesti e sgombrare la mente dai pregiudizi. La discrezione aiuta a conoscersi meglio, e a prendersi il tempo che serve per approfondire con pacatezza limiti e qualità di ciascuno. Per vivere,un passo alla volta.

Proust scrive: “La discrezione è il privilegio di poter assistere alla propria assenza”.

Assenza di parole e gesti inutili, assenza dalla solita versione di sé. E appena impariamo a scomparire, è allora, forse, che saremo ritrovati, per davvero.


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