Uno dei partner del team di sviluppo di Facebook, Sean Parker ha sostenuto che il meccanismo proprio dei social costruito sui commenti, condivisioni e “like” trova base nella “validazione sociale” delle vulnerabilità psicologiche umane.
La nostra interazione sui social media porta gli algoritmi a manipolare la realtà delle informazioni su cui poi si radicano le nostre scelte cognitive e percezioni emotive. Ogni volta che facciamo un commento, condividiamo un post o mettiamo un “mi piace” i dati vengono registrati e immagazzinati per mostrarci informazioni e articoli futuri che riguardano categorie o temi di interesse dai noi segnalati.
L’obiettivo è catturare l’attenzione, capitalizzando il sovraffollamento di informazioni in un unica direzione.I social media vivono sui nostri Bias Cognitivi e sulla nostra necessità di sentirci parte di una comunità. Si tratta di giudizi (o pregiudizi) non necessariamente corrispondenti all’evidenza e si sviluppano sulla base dell’interpretazione delle informazioni in possesso, che porta ad un errore di valutazione o a mancanza di oggettività.
Tra i più comuni c’è il Bias di Conferma in base al quale le persone tendono a muoversi entro un ambito delimitato dalle loro convinzioni pre acquisite. In pratica il bias, alla lunga, può influenzare ideologie,opinioni e persino comportamenti. Non sono eliminabili ma, tenendone conto a posteriori, si può correggere la percezione e diminuirne gli effetti distorsivi. Siamo più portati a credere a ciò che si avvicina al nostro pensiero e che ci è familiare piuttosto che un idea diversa dalla nostra.
A questo va aggiunto “l’effetto carrozzone” per cui più persone dicono la stessa cosa più ci convinciamo che sia giusta. Si crea così il “filter bubble”: una bolla filtro con cui vengono personalizzati i contenuti e catturata l’attenzione in maniera pilotata.
L’errore abissale è finire per credere che quel tipo di contenuti siano tutta la realtà, quando invece una piccola fetta di idee che girano attorno alla nostra cerchia amicale o di conoscenze.
Ecco allora che,ad oggi,imparare ad abitarci più consapevolmente nei nostri”algoritmi umani” diventa indispensabile per abitare meglio anche la realtà digitale.